“In precedenza gli uomini chiedevano il fuoco agli dei immortali e non sapevano custodirlo per sempre; poi Prometeo lo portò sulla Terra in una canna e mostrò agli uomini come conservarlo, una volta nascosto sotto la cenere. Per questo motivo Mercurio, per ordine di Giove, lo attaccò con chiodi di ferro a una rupe sul monte Caucaso e pose lì un’aquila, che gli rodesse il fegato; quanto ne veniva mangiato di giorno, tanto ne cresceva durante la notte. Trent’anni dopo Ercole uccise quest’aquila e liberò Prometeo.” Gaio Giulio Igino
Renzo Piano, Arca e Prometeo: potrebbero sembrare temi slegati tra loro, in realtà sono profondamente collegati da uno spettacolare spazio per la musica itinerante.
A più di trent’anni dal concepimento del “Prometeo” di Luigi Nono, lo spazio architettonico progettato dall’Architetto Renzo Piano rimane uno spazio di sperimentazione tra musica e architettura unico nel suo genere.
Musica, pittura, architettura. Opera d’arte totale.
Nel 1983 Luigi Nono commissionò a Renzo Piano di progettare uno spazio musicale per un’opera che stava componendo – un pezzo orchestrale con solisti e coro – chiamato Prometeo.
Progettato esclusivamente per l’opera Prometeo di Luigi Nono, questo grande spazio acustico può essere completamente smantellato e ha offerto la possibilità di sperimentare il rapporto profondamente intimo che può esistere tra musica e architettura, questo spazio viene denominato “Arca”.
Renzo Piano, in modo geniale, fa si che il suono diventi esperienza.
” […] la possibilità di governare e indirizzare come e dove si vuole il suono nel momento stesso in cui viene creato, di registrarlo e memorizzarlo per poi recuperarlo e distribuirlo nello spazio secondo le esigenze creative dell’artista.” Sandro Cappelletto su “La Stampa” del 22 agosto 2003
I teatri d’opera tradizionali risultavano inadeguati per questo scopo e si rende quindi necessario uno spazio architettonico che abbia requisiti precisi:
“Mi appassionava l’uso dello spazio totale e insieme il grande progetto mai realizzato del teatro di Mejerchol’d, il progetto di Gropius per il teatro di Piscator entro i quali pubblico, scena, azione, spazi, invenzioni tecniche e testi sarebbero stati continuamente mobili, mai statici o frontali come la pratica tradizionale” Luigi Nono
Il concetto tradizionale della sala da concerto è stato rivoluzionato per l’evento, trasformando lo spazio in un enorme strumento musicale, una scatola risonante che ospita il palcoscenico, il pubblico e l’orchestra.
La struttura doveva essere eretta per prima nella chiesa di San Lorenzo, a Venezia, nonché nello stabilimento dismesso di Ansaldo a Milano.
In risposta alla sfida di Nono e a quella della musica, Piano ha progettato uno spazio radicalmente rivoluzionario che ha ribaltato il concetto classico di sala da concerto ponendo al centro i 400 membri del pubblico, mentre gli 80 musicisti erano distribuiti su tre livelli di gallerie circostanti loro.
Il centro della scena è riservato al pubblico e le passerelle dislocate intorno accolgono solisti, coristi, musicisti, direttori d’orchestra.
La musica interagiva con il suo spazio e proveniva da diverse direzioni.
Ciò è stato ottenuto elettronicamente ma anche dal vivo, con i musicisti che si muovevano attraverso il pubblico e sui vari livelli della struttura attraverso un sistema di scale e passaggi pedonali.
Il progetto prende vita nel 1984 per la prima esibizione nella chiesa sconsacrata di San Lorenzo, a Venezia come parte della XLI Biennale / Musica, dopo di che la struttura fu smantellata e rimontata un anno dopo presso l’ex fabbrica Ansaldo di Milano.
L’idea era quella di creare uno spazio musicale itinerante modificabile.
Poiché il rapporto tra la struttura e l’edificio circostante è critico in termini di acustica, la struttura in legno ha un design modulare in modo da poter essere “sintonizzata” rimuovendo le sezioni dei pannelli intercambiabili in legno lamellare che si adattano attorno alla forma del suo plateau centrale .
Il legno è stato scelto per la struttura per le sue qualità acustiche e sono state adottate tecniche di costruzione simili a quelle utilizzate in un cantiere navale, compreso il modo in cui è stato utilizzato il legno lamellare.
L’effetto complessivo fu quello di trovarsi all’interno di un’enorme “Arca”.
Una base rettangolare di 23×25 metri, quindici chiglie portanti e un’altezza totale che raggiunge i 14 metri.
Accanto a Luigi Nono e Renzo Piano, Claudio Abbado è stato coinvolto con Prometeo come direttore e i testi sono stati scritti da Massimo Cacciari.
Emilio Vedova è stato incaricato dell’illuminazione.
Inizialmente doveva progettare uno spettacolo di luci con immagini colorate, ma in seguito decise che ciò avrebbe interferito con la musica e si limitò a creare uno studio sulle variazioni della luce.
La costruzione della “scatola musicale” è stata una parte importante della comprensione delle relazioni e delle somiglianze strutturali e compositive tra architettura e musica, in particolare perché era uno spazio nato per e con l’opera, ed era quindi parte integrante e risultato dello stesso processo creativo.
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